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La circolarità dei metalli preziosi e non preziosi: un focus sulle nuove tendenze del settore moda e dell’alta gioielleria

 

 

Secondo un recente articolo della testata “Bluerating”, con il protrarsi della crisi energetica innescata dall’invasione dell’Ucraina e dalle sanzioni imposte alla Russia, la produzione di metalli ad alta intensità energetica potrebbe vedere le sue capacità in Europa continuare a diminuire, nonostante le politiche conservative dell’UE. Questa consapevolezza probabilmente accelererà la tanto invocata transizione energetica che influirà, tra gli altri fattori, inevitabilmente sui costi dei metalli. 

 

Per questo motivo, il perseguimento del concetto di circolarità è la tendenza forse più evidente che si può analizzare all’interno dei settori industriali che si occupano della trasformazione dei metalli preziosi e non preziosi per il mercato della moda e dell’alta gioielleria. Al momento, poter attestare l’utilizzo di metalli provenienti al 100%, o quasi, da fonti di riciclo è un punto strategico focale per le aziende intenzionate ad essere competitive e sostenibili sul mercato del prossimo futuro. Etica, responsabilità, trasparenza, tracciabilità sono parole chiave che si legano a questo trend che le industrie specializzate nei metalli sono chiamate a riempire di contenuti e azioni concrete. Un innesco virtuoso che i grandi player del mercato del Lusso devono cavalcare per plasmare il mercato degli anni a venire.

 

Ma da dove cominciare? Ne parliamo con Fabio Di Falco, Marketing Manager di Legor (Società Benefit internazionale con sede a Vicenza, specializzata nella scienza dei metalli preziosi, al servizio di oreficeria, moda e del settore galvanico-industriale – nda): «Da un po’ di tempo i luxury brand – così come anche molte altre imprese appartenenti a industry differenti – sempre più stanno introducendo in azienda figure specializzate nella sostenibilità, come Innovation Manager e Sustainability Manager. Un segno inequivocabile del cambiamento attuale. La nascita e gli investimenti su nuovi reparti industriali che si occupano della tematica ambientale è un indicatore del futuro che ci aspetta». Un primo passo importante, certo, ma quali sono le difficoltà riscontrate finora in questo processo di transizione? «Al momento, la principale sfida affrontata da molte aziende del lusso è quella di comprendere come attribuire ed implementare aspetti ecologici al prodotto finale – continua Di Falco – e di conseguenza come meglio comunicare il proprio impegno ambientale ad un consumatore sempre più attento a questo tipo di tematiche. Le altre industry, come il food e l’abbigliamento, ad esempio, sono più avanti da questo punto di vista; quindi, anche il settore Fashion & Luxury deve adeguarsi». Tra i fattori più comunicabili e sicuramente spendibili per dare un’immagine concretamente green all’industria della trasformazione dei metalli è il raggiungimento di una circolarità totale e consolidata a partire dal processo di approvvigionamento della materia prima. Per questo, il recupero del metallo proveniente dal cosiddetto e-waste è attualmente uno dei temi più caldi dell’industria. 

 

Ma di cosa si tratta? Il termine e-waste identifica i rifiuti elettronici, anche prodotti scartati ma che, potenzialmente, sono ancora funzionanti e possono essere collegati ad una qualsiasi presa elettrica per essere alimentati o per caricare la loro batteria. Tra questi possiamo includere gli smartphone, i tablet, le radio, i computer portatili, i bollitori elettrici, le TV e i grandi elettrodomestici. Secondo l’ultimo rapporto disponibile del Global E-waste Monitor 2020 delle Nazioni Unite, nel 2019 il mondo ha generato 56,3 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici. Questa cifra evidenzia la necessità crescente della riconversione, soprattutto se si considera il fatto che attualmente solo il 20% di questi rifiuti viene riciclato. Il recupero di metallo da questo voluminoso gruppo di rifiuti è perciò un fattore chiave che cambierà anche il mercato della gioielleria e della moda perché si tratta di un concetto fruibile e comprensibile per il consumatore finale.  

 

«La sostenibilità è da sempre parte integrante del DNA di Legor – spiega ancora Di Falco – e, di recente, ha chiuso il cerchio, se consideriamo che quest’anno PH Investments (holding del Gruppo Legor) ha acquisito il 74% di Refimet, società del gruppo Ecomet Refining (Spino d’Adda, Cremona): azienda specializzata nel recupero e affinazione dei metalli preziosi principalmente provenienti da e-waste. L’operazione ha rafforzato ulteriormente la presenza di Legor nel campo del recupero e affinazione dei metalli preziosi, con l’obiettivo di controllare direttamente la filiera di approvvigionamento di materiali preziosi e non preziosi, garantendone la provenienza al 100% da economia circolare e fonti riciclate. Inoltre, Legor è certificata da RJC (Responsible Jewellery Council) per l’approvvigionamento responsabile dei metalli preziosi al 100% da fonti di riciclo e da Bureau Veritas per i non preziosi 100% riciclati»

 

Ma come sensibilizzare il consumatore finale nei confronti della sostenibilità di un prodotto di moda contenente accessori di metallo o di articoli di alta gioielleria? «Il concetto di sostenibilità non può essere considerato in maniera assoluta – afferma provocatoriamente Di Falco – La sostenibilità è un concetto relativo, esistono prodotti più o meno sostenibili ma non totalmente sostenibili. Ogni prodotto produce sempre un impatto sull’ambiente. La sostenibilità è un concetto ampio che, oltre alla misurazione, comprende diverse dimensioni e aspetti, prevedendo un equilibrio tra i bisogni economici, sociali e ambientali senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie necessità. Si tratta perciò di essere trasparenti, responsabili e favorire al massimo la tracciabilità del proprio prodotto. Le nuove generazioni ed in particolare la Gen Z, hanno già chiari questi concetti dimostrando una consapevolezza e un’attenzione al prodotto da acquistare molto più marcata delle precedenti. Quindi, la sensibilizzazione è già in atto, anche perché i temi ambientali sono parte integrante dell’attuale contesto socio-economico e sono ormai diffusi ad ampio spettro attraverso tutti i canali di comunicazione, tradizionali e non».

 

 

www.legor.com

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