Leather & Luxury 30 - Tanneries / Chemicals / Technologies

22 N° 30 LUGLIO 2023 Fashion vs IA: chi ha paura dell’Intelligenza Artificiale? Ad aprile 2023 si è svolta a New York la prima edizione dell’AI Fashion Week, un evento dedicato alle collezioni di designer interamente create tramite l’intelligenza artificiale. Una notizia che globalmente ha ispirato una moltitudine di riflessioni, sia etiche che pratiche, ma anche perplessità e speranze sul ruolo che l’IA potrà avere da ora in poi nel mondo della moda. Per captare le impressioni e partecipare al dibattito Leather&Luxury ha posto due domande a tre addetti ai lavori con età, esperienza e competenze diverse nel settore moda: Francesca Giulia Tavanti, Director of Education di Istituto Marangoni Firenze, Diego Salerno, Fashion scouting and HR Consultant per Max Mara Fashion Group e Lara Messarra, studente dell’Accademia di Costume&Moda, attualmente stagista da Salvatore Ferragamo. Intelligenza artificiale e moda: realtà da temere o da sfruttare? Francesca Giulia Tavanti: «L’intelligenza artificiale per me è soprattutto uno strumento. Dal punto di vista didattico è una questione delicata. Ci sono ragazzi che lo utilizzano naturalmente, altri invece che non hanno ancora familiarità. Il nostro ruolo di docenti è quello di traghettarli in maniera critica verso il suo utilizzo. Come ci può aiutare? Come può migliorare alcuni processi? La nostra strategia è di applicarla a tutti i livelli possibili, sia dal punto di vista teorico-concettuale e filosofico con tutte le relative implicazioni, fino a quello pratico. Detto questo, però non c’è il rischio che il digitale possa soppiantare l’esperienza dal vivo. Gli elementi chiave sono sempre il talento e la creatività e l’IA ancora non è provvista». Diego Salerno: « La moda, così come l’arte, ha bisogno di fisicità, è un processo tattile e culturale. Per me l’IA è uno strumento funzionale che può ottimizzare tanti aspetti dei processi di creazione di una collezione moda ma non è esaustivo in fase di conoscenza, competenza e ricerca. Le nuove generazioni si potrebbero disabituare ad usare la propria base culturale per fare ricerca. Apprezzo l’istantaneità dello strumento digitale ma la formazione necessita di un connubio tra la pratica vera e propria e l’aspetto phygital, soprattutto nei primi anni di esperienza sia di studio che professionale». Lara Messarra: «Ho studiato tanto per apprendere come funziona il processo creativo nella moda quindi penso che l’IA sia una strada veloce ma incompleta perché non ti permette di fare gli step formativi necessari per diventare un designer. Quando si parla di creatività, si parla del bello del nostro lavoro, cioè la ricerca e lo sviluppo. Con l’uso dell’IA non ti metti in gioco perché questo processo si blocca. In un certo senso è anche bello trovarsi in difficoltà perché in quel momento esplori e vai a fondo delle tue capacità che ti permettono di sentirti viva e creativa». Quindi IA come strumento per la moda: quali le possibili applicazioni? Francesca Giulia Tavanti: «Istituto Marangoni è stata una delle prime scuole che ha introdotto, contemporaneamente alla pandemia, l’aggiornamento della proposta didattica a favore del digital fashion tramite l’inserimento di CLO3D, software per la progettazione di pattern in 3D. Ciò ha riguardato a tutte le sedi della scuola (ne esistono dieci in tutto il mondo, nda) in cui ci sono contenuti inerenti a CLO3D, Intelligenza Artificiale, implementazione tecnologica tout court, NFT etc. La sede di Firenze, avendo il dipartimento di arte e visual art, legato molto alla parte digitale, qui gioca in casa». Diego Salerno: «Spesso i giovani designer alle prime armi non hanno idea dei costi da sostenere per produrre un pezzo. Sicuramente nella fase di sviluppo del prodotto, l’utilizzo di strumenti digitali come l’IA o la grafica 3D è utile per poter simulare in maniera realistica quasi al 100% il prototipo da mandare in produzione. Ho partecipato alla creazione di molte campagne vendita con collezioni realizzate solo in 3D, molto utili per ridurre sprechi e costi di produzione e quindi anche per la sostenibilità ambientale» Lara Messarra: «Nella moda il tempo è un fattore perennemente mancante, perciò l’AI potrebbe essere utile per guadagnarne un po’. Ma qui nasce un’altra domanda: e se gli input creativi dati all’AI per il mio brand coincidessero con quelli delle collezioni dei miei competitor? Qui emergerebbe un problema molto complesso da affrontare».

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