Leather & Luxury 30

27 NEWS Ad aprile 2023 si è svolta a New York la prima edizione dell’AI Fashion Week, un evento ad accesso gratuito per i partecipanti, dedicato alle collezioni di designer interamente create tramite l’intelligenza artificiale. Una notizia che globalmente ha ispirato una moltitudine di riflessioni, sia etiche che pratiche, ma anche perplessità e speranze sul ruolo che l’IA potrà avere da ora in poi nel mondo della moda. Per captare le impressioni e partecipare al dibattito Leather&Luxury ha posto tre domande a tre addetti ai lavori con età, esperienza e competenze diverse nel settore moda: Francesca Giulia Tavanti, Director of Education di Istituto Marangoni Firenze, Diego Salerno, Fashion scouting and HR Consultant per Max Mara Fashion Group e Head Designer e Lara Messarra, studente dell’Accademia di Costume&Moda, attualmente stagista da Salvatore Ferragamo. Da designer avreste partecipato alla AI Fashion Week? Diego Salerno: «Sono un designer freelance, quindi conosco molto bene le difficoltà nel reperire i fondi per realizzare i propri progetti. Perciò parteciperei perché poter creare e mostrare una mia collezione ad un costo ridotto sarebbe una grande opportunità. Probabilmente potrebbe essere anche divertente! Professionalmente sono nato con la matita, il foglio, tessuti e i materiali tra le mani ma mi sto digitalizzando sempre più. In generale, ogni strumento innovativo o digitale può essere utile, ma l’IA è anche potenzialmente alienante e controproducente, soprattutto per chi deve ancora affrontare la formazione. Resta fondamentale fare esperienza vicino alla realtà». Lara Messarra: «Sì, parteciperei e userei l’Intelligenza Artificiale per provarla, testarne le potenzialità e valutarne l’effettiva utilità. In quanto giovane designer credo che la curiosità e la voglia di conoscere le novità che ci circondano siano aspetti fondamentali». Francesca Giulia Tavanti: «Da docente supporterei assolutamente i miei studenti in questa iniziativa. Sarebbe un’occasione di visibilità molto importante e coerente con il percorso di digital fashion del nostro Istituto. In generale, siamo a favore di tutto ciò che possa dare delle opportunità ai ragazzi e quindi li stimoliamo a partecipare a questo tipo di contest per far vivere loro una bella esperienza». Intelligenza artificiale e moda: quali paure e opportunità? Francesca Giulia Tavanti: «L’intelligenza artificiale per me è soprattutto uno strumento che, in quanto tale, ha sia aspetti positivi che negativi. Dal punto di vista didattico è una questione delicata. Ci sono ragazzi che lo utilizzano naturalmente, altri invece che non hanno ancora familiarità. Il nostro ruolo di docenti è quello di traghettarli in maniera critica verso il suo utilizzo. Come ci può aiutare? Come può migliorare alcuni processi? La nostra strategia è di applicarla a tutti i livelli possibili, sia dal punto di vista teorico-concettuale e filosofico con tutte le relative implicazioni, fino a quello pratico. Detto questo, però non c’è il rischio che il digitale possa soppiantare l’esperienza dal vivo. Gli elementi chiave sono sempre il talento e la creatività e l’IA ancora non è provvista». Diego Salerno: « La moda, così come l’arte ed il design ha bisogno di fisicità, è un processo tattile e culturale. Per me l’IA è uno strumento funzionale che può ottimizzare tanti aspetti del processo di creazione di una collezione moda ma non è esaustivo in termini di conoscenza, competenza e ricerca. Le nuove generazioni si potrebbero disabituare ad usare la propria base culturale per fare ricerca. Apprezzo l’istantaneità dello strumento digitale, ma la formazione necessita di un connubio tra la pratica vera e propria e l’aspetto phygital, soprattutto nei primi anni di esperienza sia di studio che professionale». Lara Messarra: «Ho studiato tanto per apprendere come funziona il processo creativo nella moda quindi penso che l’IA sia una strada veloce ma incompleta perché non ti permette di fare gli step formativi necessari per diventare un designer. Quando si parla di creatività, si parla del bello del nostro lavoro, cioè la ricerca e lo sviluppo. Con l’uso dell’IA non ti metti in gioco perché questo processo si blocca. In un certo senso è anche bello trovarsi in difficoltà perché in quel momento esplori e vai a fondo delle tue capacità che ti permettono di sentirti viva e creativa». Quindi, come si potrebbe sfruttare in maniera costruttiva l’IA come strumento per la moda? Francesca Giulia Tavanti: «Istituto Marangoni è stata una delle prime scuole che ha introdotto, contemporaneamente alla pandemia, l’aggiornamento della proposta didattica a favore del digital fashion tramite l’inserimento di CLO3D, software per la progettazione di pattern in 3D. Ciò ha riguardato tutte le sedi della scuola (ne esistono dieci in tutto il mondo, nda) in cui sono presenti contenuti didattici inerenti a CLO3D, Intelligenza Artificiale, implementazione tecnologica tout court, NFT etc. La sede di Firenze, avendo anche il dipartimento di arte e visual art che è molto legato all’aspetto digitale, gioca in casa». Diego Salerno: «Spesso i giovani designer alle prime armi, giustamente, non hanno idea dei costi da sostenere per produrre capo o un accessorio. Sicuramente nella fase di sviluppo del prodotto, non avendo ancora esperienza, l’utilizzo di strumenti digitali come l’IA o la grafica 3D è l’ideale per poter simulare in maniera realistica quasi al 100% il prototipo e realizzare in tempi ridotti una preview grafica degli outfit senza doverli realizzare. Ho partecipato e assistito alla nascita di campagne vendita con collezioni realizzate solo in 3D, molto utili per minimizzare gli sprechi, riducendo i costi e tempistiche di realizzazione del campionario e produzione, ricercando un approccio ed un metodo, che siano sempre più sostenibili» Lara Messarra: «Nella moda il tempo è un fattore perennemente mancante, perciò l’AI potrebbe essere utile per guadagnarne un po’. Ma qui nasce un’altra domanda: e se gli input creativi dati all’AI per il mio brand coincidessero con quelli delle collezioni dei miei competitor? Qui emergerebbe un problema molto complesso da affrontare».

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