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La Toscana delle griffe pronta al rimbalzo: ecco chi investe

Se vuoi la migliore pelletteria del mondo non puoi non passare dalla Toscana. È questo il miele, il segreto, che attira gli investimenti dei più altisonanti nomi della moda internazionale. Banale? Forse. Ma sono la tradizione e la qualità del lavoro e dei materiali a tenere incollati i gruppi del lusso francese a quelle decine di chilometri quadrati che si affacciano lungo le rive dell’Arno e dei suoi affluenti.

Mentre il mondo è anestetizzato per la pandemia nell’area intorno a Scandicci e a Santa Croce ci si prepara al dopo quando, si sa già, il lusso crescerà del 10% rispetto ai volumi del 2019. Intanto servono magazzini, serve la logistica, serve la capacità di produzione, serve avere un indotto flessibile e pronto a dare risposte alla voglia di cose belle.

Siamo a una svolta: la Toscana ha bisogno di non farsi scippare la sua ricchezza e “sfruttare” i grandi gruppi senza farsi comprare tutte le competenze e le professionalità. Come? Patrimonializzando il suo indotto e formando, anche in proprio, la nuova generazione della moda italiana.

Si lavora in un nuovo cantiere a Campi Bisenzio. Gucci sta costruendo un nuovo magazzino, un punto di appoggio logistico, a due passi dall’interporto di Prato e dall’ingresso del casello autostradale di Prato Est. «È una struttura che fa parte di una strategia di potenziamento del controllo qualità e della logistica del gruppo Lvmh», conferma il sindaco Emiliano Fossi che tra il centro commerciale i Gigli e il centro di benessere Asmana sta rendendo disponibili spazi per le più grandi aziende della moda e non. «Siamo in fase di revisione del piano regolatore ed è il momento di accogliere le richieste di chi cerca luoghi in cui investire», commenta. In cambio, come da tradizione campigiana, si cerca di stringere accordi per creare posti di lavoro per i residenti della zona. E non è un caso se parallelamente si sta progettando la realizzazione di un istituto tecnico e professionale.

Proprio come accade a Scandicci, comune ormai quasi tutto occupato dalle più grandi griffe. Qui un altro sindaco, Sandro Fallani, sta giocando, sfruttando il primato di una filiale in loco del Polimoda e l’lIts Mita (due anni post diploma), la partita della formazione con l’obiettivo di esportare un modello in altre zone della Toscana. In palio ci sono i nuovi finanziamenti e i buoni rapporti con i grandi gruppi che a Scandicci, da anni, hanno trovato casa. «Da noi c’è continuo movimento», spiega. «Sappiamo già che nel 2021 ci sarà bisogno di altri 500 lavoratori e dobbiamo formarli».

Solo duecento servono a Balenciaga che apre un nuovo stabilimento a Cerreto Guidi. Fendi invece si sta allargando in Valdarno mentre Yves Saint Laurent raddoppia lo stabilimento a Scandicci: sarà pronto nel 2022 e assumerà altre 300 persone. Furla sta già formando in proprio il personale a Tavarnelle. «Dovremo capire se ci sono altre aree di espansione – aggiunge Fallani che, con Mita, sta creando nuovi corsi per la nautica. «Il lusso è un’unica cosa: design, creatività, tecnologia. Nautica o moda, cosa cambia?».

«Con la pelletteria siamo a 10 chilometri da Pisa e ci sono propaggini sull’Amiata – ricorda Fallani – e se la costa si gioca bene la partita credo che ci siano grandi opportunità di sviluppo: è ancora aperta tutta la spartizione della logistica. Se la Fi-Pi-Li venisse potenziata si aprirebbe un varco verso Livorno senza rischiare di vedersi scippare i servizi da La Spezia. Io sto lavorando per togliere il tappo dall’uscita di Scandicci ma non è sufficiente. Avete idea di cosa parte dal mio Comune per il resto del mondo?».

La moda, ma il lusso in generale, è la colonna vertebrale dell’economia della Toscana. Questa settimana in Regione saranno aperti tre tavoli tematici con una sessantina di sindaci per garantire alle imprese un territorio focalizzato su ambiente, lavoro e formazione. Prato con il tessile sta cercando di inserirsi nei piani di sviluppo dei grandi gruppi. «C’è una visione corale da mettere sul piatto», spiega Daniela Toccafondi, presidentessa del Pin, il polo universitario pratese. «Stiamo attivando le nostre relazioni internazionali per creare percorsi formativi di vari livelli anche per lauree specialistiche. Con il sindaco di Prato e di Scandicci ci siamo incontrati per elaborare un piano di formazione. Scandicci e il Mita ci aiutano nel rapporto con i vari brand in modo da potenziare anche le filiere del tessile su cui non abbiamo rivali: l’obiettivo è garantire autonomia formativa e alimentare le professionalità per metterci alla pari con i gruppi francesi».

Gli indirizzi su cui investire sono, di fatto, due in Toscana. Uno: allargare ad altre aree geografiche il valore aggiunto che si è creato nella parte centrale potenziando la formazione e integrando quei settori (cuoio, pelle e tessile) utili a creare un’unica filiera sostenibile, digitalizzata e dotata di professionalità autonome con - due - porte aperte alla logistica, se i territori della costa sapranno inserirsi, e accordi di partnership con la nautica.

Un potenziale quello toscano che non solo i francesi hanno colto. A Santa Croce sono sempre di più le aziende su cui stanno investendo i fondi che intravedono potenzialità enormi di redditività. Uno di questi è Vam Investiments che è entrato nel capitale di Florence, una nuova holding che tiene insieme più aziende toscane della filiera dell’abbigliamento. Il presidente Francesco Trapani, una biografia impossibile da citare con completezza (già ad di Bulgari gioielli e orologi, membro del consiglio di Tiffany) spiega cosa ha attratto il fondo di cui è a capo: «Aziende dell’eccellenza dei beni di lusso, flessibili, competitive, capaci di offrire prezzi concorrenziali uniti a grande qualità ma con punti di debolezza: piccole, spesso legate a una sola persona, finanziariamente sane ma fragili. Aziende buone che unite possono dare profitto».

Ma quando i fondi «com’è naturale a un certo punto usciranno dal capitale per dedicarsi a nuove operazioni» cosa accadrà? Per far sì che restino legate al territorio sarà necessario che la Toscana si sia strutturata per non perdere il vantaggio di area appetibile per gli investitori. Fabrizio Masoni, socio di Lvmh con la sua conceria, non ha dubbi. «È necessario creare valore, come stanno facendo i gruppi del lusso, preparando oggi il futuro». «E ritagliarsi spazi e collaborazioni –aggiunge Claudio Orrea, patron del marchio toscano Patrizia Pepe – anche con quelle aziende della filiera con capitale straniero». «Anche quando avere la solidità per acquisizioni come fanno loro non è possibile», aggiunge smentendo le voci di trattative in corso per far propria una conceria del territorio. Se i grandi gruppi hanno insito il rischio di fagocitare quello che oggi c’è di buono, dall’altra parte se trovano imprenditori e territori reattivi e solidi sono grandi incubatrici di competenze (in particolar modo per la gestione, la tecnologia e la crescita professionale) che riescono a diffondere anche tra le realtà imprenditoriali delle città che li ospitano. Ma la Toscana potrebbe passare di moda? «Macché», rassicura Masoni. Eppure si fa presto a dire pelle: numerosi marchi di sneaker, scarpe sportive, in questa fase cercano la pelle vegana per andare incontro a chi non vuole indossare materiali provenienti da animali.

«Sono tutti tentativi destabilizzanti. Di vegano c’è solo quello che mangiamo. La pelle fa parte di un’economia circolare e di riuso e non passerà mai di moda. Anzi, il lusso, il nostro lusso, crescerà a doppia cifra».

Fonte: Il Tirreno

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