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Pandemia: in calo i ricavi di Ferragamo e Gucci,ma ci sono segnali di ripresa


La pandemia ha presentato il conto anche e soprattutto alle grandi griffe della moda. Ferragamo e Gucci, come altri gruppi del lusso hanno fatto in questi giorni, hanno presentato il bilancio dei primi sei mesi del 2020. Con un rosso profondo rispetto ai sei mesi dell'anno precedente: Gucci, che fa parte del colosso francese Kering, segna meno 33,5% nei ricavi con vendite per 3 miliardi di euro, Ferragamo meno 46,6% con ricavi di 377 milioni.

"Tale risultato - sottolineano dalla Salvatore Ferragamo - è stato determinato dal diffondersi della pandemia e le conseguenti decisioni prese dai vari Stati in materia di blocchi delle attività commerciali e divieti e limitazioni del traffico internazionale. Tali decisioni hanno comportato la chiusura della maggior parte della rete distributiva del gruppo negli stessi Paesi e una significativa diminuzione dei flussi di traffico nella restante parte, durante il periodo in oggetto".

La maison di Via Tornabuoni nel secondo trimestre, quando il lockdown si è esteso a mezzo mondo, ha registrato un rallentamento più forte rispetto al primo trimestre e segnala però un'inversione di tendenza in Asia, che resta il mercato principale di Ferragamo: "Luglio mostra un miglioramento della performance dei ricavi, rispetto all'andamento del trimestre precedente, su tutti i mercati. In particolare si è registrata una decisa crescita nei negozi in Cina, Corea e Giapppone rispetto allo stesso mese del 2019".

Stessa dinamica per Gucci con il secondo trimestre che ha segnato meno 47% rispetto al 2019, ma una prima ripresa che è in atto: "A livello di vendite per paese, da evidenziare i segnali incoraggianti in Nord America a giugno, e la ripresa in Asia-Pacific, prima in Cina continentale e poi gradualmente anche in Corea e in Taiwan.

Restano penalizzati per l'assenza di flussi turistici cinesi alcuni mercati asiatici, come tutti i principale Paesi europei". Gucci ha poi spinto sull'e-commerce, cresciuto in sei mesi del 52% rispetto ai sei mesi del 2019.

E da Parigi Francois-Henri Pinault, chairman e ceo di Kering ha sottolineato: "La prima metà del 2020 è stato il periodo più difficile che abbiamo mai affrontato e continuiamo a esprimere la nostra solidarietà a tutti coloro che soffrono, all'interno e fuori dal nostro gruppo. I risultati riflettono l'impatto del Covid-19 sulle nostre attività. Ma soprattutto, la resilienza di questi risultati conferma la nostra capacità di reazione e ci fa essere ottimisti sulla capacità di uscire da questa crisi ancora più forti".

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