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Daniele Banelli: "Investire per essere di nuovo competitivi"

Con la Fase 2 l'Italia si prepara progressivamente a rimettere in moto le proprie attività produttive tra incertezza, speranza e voglia di lasciarsi alle spalle la fase acuta dell'emergenza Covid-19.

Ai nastri di questa ripartenza Leather&Luxury ha parlato con Daniele Banelli, imprenditore e titolare dell'azienda tessile di Prato Tissés, per capirne sensazioni, idee e auspici per il prossimo futuro.

 

Sig. Banelli, come ha reagito la sua azienda alla contingenza del lockdown?

«Partendo dal presupposto che un'azienda non può permettersi di stare chiusa perché deve garantire la presenza al cliente, abbiamo reagito prendendo immediatamente le dovute precauzioni per la protezione dei nostri dipendenti. Abbiamo perciò predisposto subito le necessarie sanificazioni degli ambienti di lavoro e ci siamo dotati dei DPI come mascherine e guanti per poter lavorare in sicurezza fino al lockdown».

 

Siete riusciti a riconvertire l'azienda?

«Dopo l'iniziale chiusura, abbiamo inoltrato la richiesta al Prefetto di Prato di poter riaprire per produrre le mascherine. Ne abbiamo donate migliaia a chiunque ne potesse avere bisogno nel pieno dell'emergenza».

 

Con quali modalità affronterete questa Fase 2?

«Siamo rientrati con circa il 70% del nostro personale, ovviamente in regola con tutte le misure di igiene e distanziamento previsti dai protocolli governativi. A livello produttivo, stiamo gestendo gli ordini messi in stand-by durante il lockdown, mentre il volume di ordini nuovi ancora purtroppo è esiguo. Per questo stiamo rilanciando con nuovi investimenti per la messa a punto di prodotti sempre più eco-sostenibili, perché questo sarà il futuro del tessile e non solo».

 

Cosa pensa della gestione della crisi da parte della nostra politica?

«L'opinione generalizzata è che il governo abbia fatto del suo meglio. Purtroppo, però, il suo meglio non basta. Ci sono troppi esperti diversi a decidere ma nessuno di questi ha mai avuto un'azienda e non sa cosa significhi essere realmente un imprenditore. Basti pensare alle liti di governo e alla burocrazia che, in un momento di crisi come questo, continua ad essere una palla al piede per tutti. Un paese come l'Italia necessita di una linea guida che riesca a preservare e valorizzare il nostro genio in tutti i settori senza offrirci in preda agli investitori stranieri. E, dal punto di vista dell'imprenditore, meno male che ci sono loro. L'unica via d'uscita è che ogni azienda investa nella propria crescita, sperando di essere di nuovo competitivi sul mercato mondiale».